Ci sono angoli delle nostre città dove la tutela della salute non è garantita. Realtà urbane caratterizzate da insediamenti informali, mutevoli e privi dei requisiti minimi di sicurezza e igiene. In queste sacche di disagio, legate a un elevato degrado, si incontrano povertà nascoste. Il progetto di Istituto di Medicina Solidale Onlus “Nuove porte civiche per Roma Metropolitana”, premiato all’Edizione 2017 del Community Award Program, vuole arrivare proprio in questi luoghi, per aprire nuove strade a percorsi formativi, controlli clinici e diagnostici e accessi privilegiati e continuativi alle cure. Perché la tutela dalla salute deve essere garantita a tutti, nessuno escluso.
“La maggiore difficoltà che incontriamo è conquistare la fiducia delle persone. C’è una grande diffidenza nei confronti dei servizi istituzionali, soprattutto dopo l’introduzione del reato di clandestinità. Noi interveniamo in quelle che definiamo le periferie nascoste: palazzi occupati, insediamenti spontanei, anomali, campi rom non formali, dove le persone sostanzialmente non hanno piacere di essere individuate”, afferma Lucia Ercoli, fondatrice di Medicina Solidale, medico e professore aggregato di Malattie Infettive, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”.
Il progetto, di durata annuale, si propone di contrastare le malattie della povertà e garantire un accesso semplificato e continuato delle persone più emarginate e in difficoltà economico-sociale ai servizi sanitari di primo livello tramite l’istituzione nei Municipi di Roma di “poli civici integrati di mutualismo sociale”.
I poli, ispirati al modello della “microarea”, hanno lo scopo di: favorire le iniziative di welfare di comunità tramite la creazione di riferimenti organizzativi territoriali dei servizi; valutare i bisogni socio-sanitari primari del territorio e individuare le aree di disagio sociale su cui intervenire per la promozione della salute e di programmi di prevenzione e informazione (con particolare enfasi sulle malattie a trasmissione sessuale, HIV, e a trasmissione verticale), controllare il disagio sociale; offrire assistenza sanitaria su strada per un accesso precoce alle cure.
“Le persone si sono fidate e sono tornate più volte da noi, chiedendo informazioni su diversi fronti, dalla tutela della salute riproduttiva alla prevenzione delle infezioni a trasmissione sessuale. Si sono fidate perché hanno potuto toccare con mano l’efficacia del nostro intervento” prosegue Lucia Ercoli. “Per realizzare un progetto del genere un supporto come quello che abbiamo ottenuto da Gilead fa la differenza: quella fra poter curare e non poterlo fare”.
Per ogni paziente viene aperta una cartella informatizzata dove vengono raccolti tutti i dati, così da poter individuare fattori potenzialmente critici, capire quando il paziente è arrivato in Italia, se ha un lavoro regolare e se ha avuto accesso a programmi di prevenzione e di screening gratuiti. Da marzo 2020, il progetto ha quadruplicato l’utenza e non vuole certo fermarsi. Soprattutto in tempi di pandemia: ora l’obiettivo è quello di migliorare l’informazione per aumentare l’accesso ai test diagnostici e alla vaccinazione per Covid nella popolazione più fragile, che non accede a questi presidi per mancanza di fiducia o di ostacoli culturali o religiosi.