Io, da eterosessuale che ha vissuto l’informazione negli anni ‘80, pensavo che l’HIV non mi riguardasse. Ero ancora molto giovane, ma ricordo che negli anni 80 si parlava di una malattia che colpiva gli omosessuali, e quindi da escludere a priori, poi a un certo punto sembrava fosse un problema solo dei tossicodipendenti. Pensavo: ‘io non mi drogo, quindi non faccio parte di questa categoria’. Si puntava il dito su alcune categorie… io sapevo benissimo che si poteva prendere attraverso rapporti sessuali non protetti, ma la mia preoccupazione a 20 anni era solo quella di ‘non rimanere incinta’… mi dicevo ‘vabbè, ma non è possibile che capiti a me’. Ero giovane.
A ripensarci adesso mi pare assurdo, perché l’HIV io l’ho preso a 47 anni dal mio compagno che non sa come lo ha preso. Da quel momento ho capito che lo può prendere chiunque l’HIV.
È stata dura, ho pianto tanto. Ma quando finisci di piangere devi rialzare la testa. Così quando il mio compagno ha iniziato a stare meglio, ho cominciato a pensare a me… Io con gli antiretrovirali sono al sicuro. La mia salute è ottima. Ma il virus si insinua nella parte emotiva e psicologica. E non è il virus, ma tutto quello che c’è intorno.
Io vivo con l’HIV. Io vivo con il mio compagno che non sa come lo ha preso. Io vivo con tutto il resto, con una Società in cui ci sono ancora stigma e rifiuto.
Nel momento in cui sono entrata in A.S.A. – Milano Check Point come volontaria, contribuendo alla realizzazione dei progetti dell’Associazione tra cui quelli sostenuti dal Community Award Program, e ho deciso di rendermi utile per gli altri, è come se avessi superato questo trauma. Dopo due anni di disperazione, mi si è aperto un mondo. Mi è bastato iniziare facendo il banchetto dei test al Pride, in un contesto molto festoso, e in quella giornata ho avuto la sensazione che la mia vita non era improntata alla sofferenza. Mi sono sentita bene. Era forse la prima volta in cui mi sentivo bene da quella diagnosi. Mi sentivo soddisfatta, utile, capita, accolta. Tutte cose belle. E fra me e me ho detto ‘cavoli, però! Si può essere felici’.
Oggi ringrazio l’HIV perché se non ci fosse stato non avrei avuto la possibilità di fare quello che sto facendo: aiutare gli altri. È assurdo ma è così. Lo penso spesso.