Io sono un attivista e street artist, e uno dei beneficiari, perché sono prima di tutto un paziente. E per me questo progetto è stato un’autoterapia.
Quando è nato il progetto Street Haart supportato dal Community Award io avevo avuto da poco la diagnosi e sapevo di aver bisogno di normalizzazione. Di un modo di comunicare più semplice, più ludico, di un’informazione meno ospedalizzata. Sapevo che bisognava cambiare qualcosa per far arrivare una percezione nuova. L’arte è un linguaggio universale, arriva a tutti.
Abbiamo iniziato a parlare con gli studenti e con i detenuti, e abbiamo visto un’evoluzione sorprendente nella percezione dell’HIV, un prima e un dopo, attraverso opere che ora sono custodite nell’archivio di Arcigay e che un giorno definiranno un periodo storico. Le immagini che hanno realizzato prima sono drammatiche… raccontano di morte e disperazione. Emerge una percezione dei sieropositivi come di persone ai margini della Società. Quelle che sono arrivate dopo - dopo le spiegazioni, la formazione, il dialogo e la condivisione - quelle immagini lì sono portatrici di messaggi nuovi, senza stigma, senza oppressione.
Io stesso ho un doppio immaginario, quello degli anni ’80, dello stigma e dei preconcetti, e quello attuale, e ogni tanto prevale uno, ogni tanto l’altro. Alla fine, vedere le immagini di positività è stato bello, appagante. Io anche ho provato il dolore delle persone che sono costrette a nascondere una cosa che impatta sulla tua stessa esistenza. Hai un’ombra addosso, sempre. Questo progetto è stato liberatorio. L’arte è liberatoria.
Adesso posso raccontare la mia storia, una storia normale, in cui viene meno chissà quale dissolutezza dell’immaginario. L’HIV è un virus cattivo, nel senso che basta una sciocchezza, una volta… ed è per questo che bisogna fare un’informazione che arrivi dentro. L’arte e le persone arrivano dentro: ti danno un livello di apertura che non raggiungi altrimenti. La parte emozionale, relazionale e sociale che l’HIV colpisce può essere risanata da un pari che diventa un punto di riferimento.
Oggi, la nostra arte continua a far parlare di sé, attraverso i murales in città, attraverso i social. Il Community Award ha permesso di avviare una macchina pazzesca, i cui vantaggi li vedi nelle piccole cose, nei messaggi delle persone che ancora mi arrivano. Piccole cose che accadono ogni giorno. Street Haart è questo.